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Cracco…..scricchiola.

E Cracco sia! E’ il mio compleanno, i miei genitori conoscono i miei punti deboli, l’appuntamento è in piazza del Duomo e io spero che la sorpresa sia quella. Ed in effetti è proprio quella! Un pranzo dal bistellato Cracco, ristorante dell’omonimo Chef (o forse più star della TV) Carlo. L’aspettativa è alta.

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L’ingresso è abbastanza anonimo, ma sovrafirmato. Anche le fioriere hanno una targa con il logo (bello) del ristorante. Il ristorante è al piano interrato, e la cosa non mi piace. Non c’è luce naturale. La prima impressione non è positivissima. Gli arredi, le finiture, i materiali utilizzati sono marcatamente anni ’90, i legni scuri, i marmi lucidi….tutti materiali che non si usano più da anni. Anche il bagno delude (e si, prima o poi scriverò un post sui bagni dei ristoranti…a volte ci dicono come si mangerà…). Non che sia sporco, ma il pavimento è vagamente appiccicoso e le lampade (vecchie fluorescenti) tradiscono cavi e polvere che si vedono attraverso la semitrasparenza dei diffusori. Ok, sono un rompiballe, ma sono anche convinto che i dettagli facciano la differenza.

I tavoli sono comunque ben spaziati e l’apparecchiatura classica. Anche su tovagliolo e sottopiatto si ritrova la firma dello chef. Un po’ agé anche il centrotavola.

Iniziamo con un piccolo incidente del servizio. Ci viene chiesto che tipo di acqua vogliamo due volte. Da due persone diverse. Non va bene in un ristorante con due stelle Michelin. Come non va bene che a raccontarci i piatti sia un, seppur preparatissimo e volenteroso, ragazzo molto insicuro e alle prime armi (stage?). Non che sia contrario all’esperienza sul campo dei giovani, anzi, al contrario, ma mi sarei aspettato come minimo che ci fosse una “spalla” senior, magari anche silenziosa, a supporto. Come negli ospedali dove ci sono i tirocinanti. Mi è capitato (purtroppo) di frequentarli ma, quando la visita e le spiegazioni di quello che accadeva le faceva il tirocinante, di fianco aveva sempre un medico. Comunque sfumature….

Il menù alla carta è interessante e propone qualche classico dello Chef, ma viriamo per il degustazione. E’ pur sempre il mio compleanno!!!

Ed ecco che arriva il benvenuto della cucina. Dei piccoli canapè (patè di vitello al pistacchio, pizza di ricotta al vapore, pane al nero di seppia con ricotta, parmigiana e senape in grani e, in ultimo, uova di salmone e chicco di cioccolato)  e una confezione (firmata) di verdure essicate al naturale. Oltre a questo delle sfoglie di riso fritte, aromatizzate allo zafferano, al riso venere, alla barbabietola e agli spinaci. Un buon inizio, ma nulla di eccezionale.

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Corretta la scelta di non lasciare il pane in tavola ma di servirne al bisogno. Sono sempre convinto che il pane non debba essere considerata pietanza ma accompagnamento. Fosse lasciato libero si finirebbe per assaggiarli tutti saziandosi prima dell’arrivo delle portate.  Comunque è possibile scegliere il proprio panino tra 4 varietà. Buono.

La prima portata è un’insalata russa tra due cialdine di maionese caramellata. Molto buona, ma fragilissima. E al tavolo non sono arrivate ancora le posate. Si mangia con le mani. Ok. Ma se mi si rompe (com’è successo) e un po’ di insalata russa cade? Niente, uso le mani e me ne frego del galateo! Un piatto interessante ma che non ci lascia a bocca aperta.

La seconda portata è una crema bruciata all’olio d’oliva aromatizzata con del caffè e chips di quinoa e lenticchie semifermentate. A lato un lattughino cotto al whisky con una palamita scottata. La crema bruciata è molto buona, con il suo fondi di amarognolo, ma il lattughino con palamita, da mangiare successivamente la crema bruciata, non lo capisco. Dovrebbe pulire la bocca? Non mi emoziona, è poco sapido.

La terza portata è disarmante per quanto semplice. Pane abbrustolito con mousse di pomodoro. Tanto semplice quanto buono. per ora il piatto più buono!

La quarta portata è a base di carne cruda. Io adoro la carne cruda e qui si tratta di fassona Piemontese. Ma non una fassona qualunque, bensì la Vicciola, una razza allevata a base di nocciole, senza acceleratori di crescita. La carne è effettivamente eccellente, magra, tenera. Questa scaloppa di Vicciola ci viene servita con salsa vicentina, sedano rapa capperi e capperi salati. Non solo a me la salsa sembra troppo fredda e il complesso insipido nonostante i capperi. Assaggio separatamente solamente la carne che risulta effettivamente tenerissima, magra ma non sorprendentemente saporita.

La quinta portata, sulla quale contavo parecchio, è forse quella che mi ha più deluso. Ci vengono serviti gamberi di Santa Margherita Ligure marinati con un sugo di crostacei e salsa Worcester, con sale nero delle Hawai adagiati su una fonduta di parmigiano, chips al parmigiano, rucola fresca, nocciole tostate in padella una gelatina di aceto balsamico e polvere di crostacei. Non è il primo abbinamento formaggio-pesce che mi viene proposto, ho sempre trovato fosse un abbinamento pericoloso che se ben riuscito porta a risultati strepitosi. Ma qui il mio gusto dice che non funziona.

Fortunatamente la sesta portata è eccellente. Equilibrata, sapida, buona. E’ baccalà grigliato adagiato su del grano saraceno e bruscandoli con una radice di loto al barbecue. Attorno riduzione di aglio nero coreano. Il piatto viene terminato con un brodo di lardo patanegra e grano saraceno. Semplicemente buono! Molto!

Percorso in crescendo. La settima portata è un piatto firma dello chef. Cotto al vapore, aromatizzato con acqua di zafferano e lavanda, sale nero della Hawaii, zucchine fritte, adagiato su una crema di zucchine. Servito a temperatura ambiente per evitare che l’affumicatura si senta troppo. Il cuore, ovviamente, è in parte liquido. Molto buono, equilibrato, colorato e anche bello da vedere!

L’ottava portata non convince nessuno al tavolo. Si tratta di un risotto mantecato con alghe di mare e plancton. Servito con cialda al cioccolato bianco ed essenza di bergamotto. Ci consigliano di mescolare prima di mangiare per amalgamare i sapori. L’ho trovata eccessivamente dolce. Il cioccolato bianco si fa sentire troppo e non ne capisco il senso. Il plancton, che dovrebbe dare un gusto deciso di mare, è appena percepibile mentre il bergamotto è molto, forse troppo presente. Perfetta la cottura del riso.

Nona portata banale. Faraona (petto e coscia) cotta separatamente in padella con succo di limone e lemongras su crema di carote, carote al vapore e asparago verde cotto al vapore con succo di limone. Mi ha ricordato il pranzo della domenica in famiglia. Buono ma da un ristorante bistellato mi aspettavo qualcosa di più.

Decima portata che mi fa dimenticare la precedente. Midollo di vitello planciato. Alla base piselli mantecati alla liquirizia yogurt liofilizzato e germogli di pisello. Incredibile come lo yogurt sgrassi il midollo (il limone sarebbe stato banale). Veramente buono!

Arriva il predessert. Non è eccessivamente dolce (come giusto che sia), per non creare uno stacco troppo netto con le portate precedenti. E’ fresco, pulisce la bocca. Molto delicato (forse troppo). E’ un sorbetto con latte di mandorla con sciroppo di ananas, ananas fresco, olive nere essicate taggiasche (bha) e aneto. Comunque la sua funzione la svolge al meglio.

Sarà stata la candelina messa a ricordare il mio compleanno, ma, signori, questo è il piatto più buono che io abbia mangiato in questa degustazione. Perfetto equilibrio tra dolce e salato, perfetto equilibrio tra consistenze e gusto fantastico. Nota stonata? Ma quella sbrodolatura sul piatto? L’avrei sinceramente evitata. Ma vi dico cos’era: base di crema con un biscotto al cioccolato fondente e sale naturale all’interno. Delle ciliege essiccate e riduzione di ciliege. Sorbetto fiordilatte chiodi di garofano e anice. Buonissimo!!!

L’ultimo dessert è una crema di albicocca con riduzione di coriandolo e amaretto. Anche questa portata, l’ultima, è buona, equilibrata ma forse un po’ banale.

Buonissima la piccola pasticceria che fa da accompagnamento al caffè. Le nocciole, ricoperte di cioccolato fondente e cacao in polvere e le mandorle, ricoperte di cioccolato bianco e zucchero a velo sono una droga. E nonostante la nostra sazietà finiscono. Ottima anche la frutta disidratata che, grazie al processo di cottura in forno a 180° e successivo rapido raffreddamento, caramellano lo zucchero naturalmente contenuto nella frutta. Ottima e senza zuccheri aggiunti.

Nessuno dei commensali intraprende un parallelo percorso di vini ma io, come al solito, mi faccio consigliare una birra in abbinamento. La selezione non è ampissima, anzi. Ma la birra di riso che mi viene consigliata dal sommelier è molto valida. Non altrettanto, a mio avviso, il bicchiere in cui viene servita.

Il conto è salato, 200 euro a testa (vini esclusi). Ma, come ripeto sempre, se ne vale la pena sono soldi spesi bene. Mangiare in un ristorante di questo livello è un’esperienza. Dietro c’è tanto lavoro, ricerca, studio, materia prima……..da Cracco? Mi ha dato l’idea di un ristorante dove manca la mano del padrone (che non c’era e, sarà un caso, è la seconda delusione in uno stellato dove non è presente lo chef). Ho trovato poco curati i dettagli, sia nel locale che nel servizio che nella cucina. Troppi i piatti che mi hanno lasciato indifferente, troppo pochi quelli che mi hanno entusiasmato. Nel mezzo anche qualcuno deludente. E’ vero che l’aspettativa era molto alta, che i giudizi sono assolutamente personali e che qualcuno potrebbe obiettare la mancanza di titoli, meriti, studi del sottoscritto a dare l’autorevolezza di poter giudicare la cucina di un bistellato Michelin….ma no, non ci tornerei.

http://www.ristorantecracco.it