AirDrop APPLE compatibile con ANDROID PIXEL NATIVAMENTE! PIPPONE con CONSIDERAZIONI

La notizia è di pochissimi giorni fa e ha sorpreso tutti, lasciandoci quasi increduli. Sembrava impossibile, eppure Google, attraverso un complesso lavoro di ingegneria inversa, è riuscita a violare uno dei giardini più chiusi della tecnologia. Ma un conto è leggere la notizia, un conto è toccare con mano.

Oggi non parliamo di teoria: ho provato personalmente il trasferimento file tra iPhone e il nuovo Pixel 10. Ebbene sì, funziona. Ed è un vero “scacco matto” (forse autorizzato?) all’ecosistema chiuso di Apple.

La fine dell’incubo interoperabilità

Siamo nel 2025 e, diciamocelo chiaramente, scambiare un file tra Android e iOS è sempre stato un calvario ingiustificato. Quante volte ci siamo sentiti dire “Mandamelo su WhatsApp” (con conseguente compressione della qualità) o “Usi Telegram?” o, peggio ancora, siamo dovuti ricorrere alle email come se fossimo negli anni ’90?

Apple ha costruito su AirDrop un asset formidabile. È veloce, immediato e tiene gli utenti incollati al loro ecosistema. La scoperta sensazionale, però, è che AirDrop non si basa su magia nera o protocolli alieni, ma su standard che usiamo tutti i giorni: Wi-Fi Direct, Bluetooth e specifici protocolli di autenticazione. Google ha studiato questi meccanismi, li ha decodificati e li ha integrati nativamente nella serie Pixel 10.

Come funziona la condivisione tra Pixel 10 e iPhone

Ho messo alla prova il sistema con un setup misto: un Pixel 10 Pro XL, un iPhone 16 Pro e un Mac. La procedura è disarmante nella sua semplicità, anche se richiede un piccolo accorgimento lato Apple.

Il test pratico

Per far funzionare il tutto, è necessario impostare AirDrop sul dispositivo Apple (iPhone o Mac) in modalità “Visibile a tutti per 10 minuti”. Fatto questo, la magia avviene:

  1. Da Mac a Android: Ho preso un file APK (ironia della sorte, per il root) sul Mac e ho cliccato su Condividi > AirDrop. Sul Pixel 10, basta attivare QuickShare in ricezione. Il Pixel è apparso immediatamente nel radar di AirDrop sul Mac. Clicco, accetto sul telefono e il trasferimento è stato fulmineo.

  2. Da Android a iPhone: Ho aperto la galleria sul Pixel, selezionato una foto e usato QuickShare. Tra i dispositivi rilevati è comparso “iPhone 16 Pro”. Un tap, l’iPhone riceve la notifica di AirDrop, accetto e l’immagine è nel rullino.

Niente app di terze parti instabili come il vecchio Android File Transfer, niente cavi. Funziona con PDF, Word, Excel e file pesanti. Al momento, questa funzione è esclusiva per Pixel 10, 10 Pro e 10 Pro XL, ma la speranza è che Google possa estenderla ad altri produttori Android, sempre che Apple non decida di “mettersi di traverso” con qualche aggiornamento software.

Per gli smanettoni: AirPods su Android con LibrePods

Parlando di barriere abbattute, un amico mi ha segnalato un progetto GitHub interessantissimo per chi non vuole rinunciare alle cuffie Apple pur usando Android. Si chiama LibrePods.

Sappiamo che usare le AirPods (specialmente le Pro o le Max) su Android significa perdere gran parte delle funzioni “smart”: niente gestione della cancellazione rumore avanzata, niente audio spaziale dinamico, niente cambio modalità fluido. LibrePods risolve questo problema, restituendo il controllo completo:

  • Pausa automatica quando si tolgono le cuffie.
  • Gestione della modalità trasparenza e cancellazione rumore.
  • Regolazione fine dei parametri audio.

Attenzione però: non è un’app per tutti. Non si trova sul Play Store, va scaricata l’APK e, per sbloccare tutte le funzioni (tranne il battito cardiaco sulle Pro 3), richiede i permessi di Root e lo sblocco del Bootloader. Insomma, una chicca per veri appassionati del modding.

Google Pixel Watch 4: un passo avanti ma le solite incoerenze

Visto che stiamo parlando dell’ecosistema Google, ho rimesso al polso il Pixel Watch 4. Il verdetto? Un hardware convincente rovinato da scelte software incomprensibili.

Il design è piacevole e l’autonomia è migliorata, garantendo due giorni pieni, che per uno smartwatch con WearOS è un buon risultato. Anche la sensoristica è ottima, precisa quasi quanto un Huawei nel rilevamento del battito e molto accurata nell’analisi del sonno.

Il problema è Fitbit. Se avete un account Google Workspace (quello business/professionale), non potete usare Fitbit. È assurdo. Google costringe i professionisti a creare un secondo account Gmail “personale” solo per sincronizzare i passi, complicando la gestione delle notifiche e delle app scaricate. Per quasi 400 euro, queste limitazioni sono inaccettabili. Personalmente, continuo a preferire soluzioni più pragmatiche come gli Amazfit da 80 euro: batteria infinita, notifiche puntuali e meno mal di testa.

Pixel Buds 2A: le vere vincitrici

Chiudo questa panoramica con una nota estremamente positiva: le Pixel Buds 2A. Spesso snobbiamo le versioni “economiche”, ma queste cuffie hanno senso da vendere.

  • Ergonomia: Hanno una piccola “aletta” in gomma. Se inserite e ruotate correttamente verso il basso, si incastrano perfettamente nel padiglione auricolare e non si muovono più.

  • Qualità: Ottimi bassi, audio pulito in chiamata e una cancellazione del rumore (ANC) che, pur non arrivando ai livelli delle Pro, copre un buon 70% dei rumori ambientali.

Considerando che si trovano spesso in offerta (intorno ai 119 euro), è difficile giustificare la spesa superiore per i modelli Pro, a meno che non siate audiofili intransigenti.

Conclusioni

Google sta facendo passi da gigante nell’apertura del suo sistema. L’arrivo del protocollo AirDrop su Pixel 10 è una rivoluzione che aspettavamo da anni e che cambia le regole del gioco nell’interoperabilità quotidiana. Resta da vedere se sarà una tregua duratura o l’inizio di una nuova battaglia legale con Cupertino. Nel frattempo, noi utenti ci godiamo la libertà di scambiare file senza confini.

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