L’intelligenza artificiale era senza dubbio la novità più attesa di iOS 18 ed è bello parlare delle funzionalità che ha introdotto, dei nuovi scenari che si aprono agli utilizzatori di iPhone, di quanto ci potrà aiutare nella nostra quotidianità ma come funziona davvero? Cosa c’è dietro? E la privacy? I nostri dati restano su iPhone o finiscono su server sparsi chissà dove per il globo? Siri avrà accesso a tutte le nostre app e le nostre informazioni? Le domande sono tante e pian piano i quesiti si risolveranno ma ecco tutto ciò che sappiamo finora.
Le nuove funzioni legate all’AI sono davvero tante, le abbiamo anticipate in occasione del riassuntone finale all’evento dell’altro giorno, ne abbiamo parlato anche in occasione dell’approfondimento su iOS 18 e sicuramente avremo modo di sviscerarle a fondo in futuro. Il focus al momento spostiamolo su altro. Spostiamolo sulla privacy. La nuova Siri 2.0 è in grado di muoversi fra le app al posto nostro e se le chiediamo cose come “Con chi mi devo incontrare oggi?” ecco che fa un giro tra i messaggi per scoprire eventuali appuntamenti. Comodo ma questo significa che ovviamente avrà accesso a tante più informazioni rispetto al passato. C’è da preoccuparsi?
Apple chiarirà e approfondirà questo tema sicuramente molto presto e prima che iOS 18 venga effettivamente rilasciato ne sapremo di più ma la risposta al momento sembra essere: “No”. Inutile fare allarmismi perché Siri gira in locale, ecco perché le nuove funzioni di intelligenza artificiale funzioneranno solo su iPhone 15 Pro e successivi, perché girando in locale le informazioni restano sempre all’interno del nostro telefono, nulla va ad Apple e nulla va su server “strani” del resto i nostri messaggi sono già sul nostro telefono quindi che Siri ce li analizzi o no cambia ben poco. Questo vale per tutto? In effetti no, le operazioni più pesanti (da chiarire quali, ci aspettiamo ulteriori dettagli su questo da parte di Apple e glieli chiederemo) in effetti vengono elaborate su server esterni, cioè in cloud perché la potenza, o meglio, la RAM del singolo dispositivo non basterebbe. Qui però entra in ballo un altro discorso, la crittografia end-to-end. Si tratta di quel tipo di crittografia da smartphone a smartphone, da mittente a destinatario che si usa già con iMessage o ad esempio che usa WhatsApp. Grazie ad essa i nostri dati vengono sì elaborati da un cervello fuori dal nostro computer ma grazie al fatto che i server di Apple usano i chip Apple Silicon, gli stessi di iPhone e Mac, questo cervello non li deve avere in chiaro prima di elaborarli rimanendo quindi crittografati e eliminando i rischi di fughe di dati “leggibili” nel percorso di andata e ritorno che fanno.
L’intelligenza artificiale che piaccia o no entrerà sempre più nelle nostre vite e anche nei nostri smartphone. È un problema? No, se gestita in maniera etica e sempre consapevole non lo sarà, anzi sarà un nostro grande alleato. L’importante è informarsi, conoscerla e sfruttarla a proprio vantaggio, non solamente “subirla” perché in quel caso sì che potrebbe diventare un nostro punto di debolezza rispetto agli altri, quantomeno per quanto riguarda l’ambito lavorativo e professionale.