Un anniversario importante, quale regalo migliore per me, che amo mangiare, di un pranzo in un ristorante? Nessuno!
Ma non un ristorante qualunque, uno stellato vegetariano! Premetto che, come sapete, non lo sono. Ma sono anche aperto a tutte le esperienze e odio chi giudica senza prima provare, studiare, sapere. Odio però anche gli assolutismi…ma qui entreremmo in un discorso lungo….che sinceramente non ho voglia di fare.
Entro quindi da Joia senza pregiudizi ma con tanta fame. E’ mezzogiorno e le formule sono due, oltre alla carta. Un piatto unico, il quadro (perchè è quadrato che contiene 5 miniporzioni equilibrate e bilanciate per un pranzo) oppure i “tre piatti a mezzogiorno”, un mini percorso degustazione. Optiamo per quest’ultimo.
Apprezzo l’onestà del ricarico sull’acqua. Solitamente negli stellati si paga un litro d’acqua 5 euro. Un ricarico francamente inaccettabile. Qui 3. Non poco, ma più sopportabile.
Non mi piacciono i piatti, a sottolineare il carattere del locale. Non ne vedo il bisogno e mi ricordano i vecchi servizi che si trovano in sottocosto nei negozi di stoviglie in occasione dei fuoritutto…bello invece il locale con tante “stanze”. Noi siamo nell’ultima, la più “intima” e con una grande finestra sulla cucina.
Le portate hanno tutti nomi evocativi, mi piace la fantasia dello chef, Pietro Leemann, svizzero, che ho conosciuto grazie alla bellissima biografia che ho trovato sul sito web del ristorante.
Apprezzo sopratutto che ci sia comunque una mini spiegazione degli ingredienti. Non mi piace però la grafica del menù posto all’ingresso del ristorante. Sembra quello dei “cinesoni” all you can eat!
Molto buono il pane, servito in maniera originale, ed eccezionale il benvenuto dello chef. Una carota su una crema di zucca con una fogliolina di menta servita in un minivasetto in cotto….bello e buono!
Le danze si aprono con la “Sorgente della vita”. Dell’hummus di ceci con patè di cannellini profumati al wasabi e broccoli conditi con salsa di lamponi. Abbinato a sottaceti prodotti proprio dal Joia profumati agli agrumi. E proprio questi ci lasciano di stucco. Assolutamente non acidi, con un sapore fedele alla verdura originale e con una dolcezza inaspettata per dei sottaceti. Il piatto è saporitissimo e la salsa di lamponi dona quel tocco estroso ma che ci sta. E ci stà così bene che il piatto finisce in 2 minuti netti!
Poi arriva la “Porta per il paradiso”. Si tratta di rapa affumicata con legna di ciliegio, quercia ed aghi di pino, ripieno di funghi morchella e completato da dadolata di tartufo nero. Su una fonduta di mandorla.
Quello che più affascina di questo piatto è proprio la presentazione. Il piatto arriva coperto e all’apertura da parte del cameriere si sprigiona il fumo del legno che profuma oltre che il piatto l’atmosfera. E si mangia proprio con il profumo dell’affumicato a completare il gusto del piatto. Sinceramente mi è piaciuto, la fonduta è fantastica, ma non ho trovato il ripieno eccezionale quanto l’idea.
Chiara si butta invece sul “paesaggio interiore”. Dei dischi di pasta al grano saraceno e verza, salsa di zucca leggermente piccante e salsa di sedano rapa affumicato (a contrastarsi), tartare di barbabietola e carpaccio di topinambur. Bello…ma ne assaggio così poco che non posso giudicarlo. Ma a giudicare da come Chiara ripulisce il piatto direi che era anche buono.
Tocca ora ai dessert…e arriva in tavola, oltre ai due piatti, anche un gong. Si si, un vero “mini” gong….che il cameriere suona. Ok, io sono abituato a cose strane e a sentirmi al centro dell’attenzione, ma questo mi ha destabilizzato….con gli altri commensali che ci guardavano divertiti. Dicono che aiuti a gustare il dessert….gong appunto, che ha ordinato Chiara. Bhà…sarà.
Ma eccolo il “gong”, con la spuma di latte profumato al miele, vermicelli di castagne, brownies alla nocciola, crema inglese all’erba cedrina accompaganto da salse di lampone e mirtillo. Non so se il gong abbia aiutato, ma il dolce era buono, delicato, equilibrato, quasi “etereo”….sicuramente leggero e aereato!
Io mi butto su un più concreto “macondo”. Un mix di torta di cioccolato e fichi con crema di guayava siciliana, gelato di banana e spuma sofficie di nocciole. Un bel mix amaro, dolce, acido….insomma, buono buono!
Il caffè si può scegliere da una lista apposita, che comprende anche tisane e che non fa il pari con l’acqua. Attorno gli 8 euro il prezzo medio delle varie miscele. Ma c’è l’attenuante: arriva anche un piccolo dessert buonissimo! E la miscela che scegliamo è decisamente buona, un caffè assolutamente non bruciato, dolce anche senza zucchero (che non metto MAI…ma come si fa a bere il caffè, coglierne il sapore, se si uccide con lo zucchero?! Provatelo amaro, vi stupirà!…e capirete la differenza tra caffè buono e caffè bruciato.)
Il conto? Adeguato. 45 euro a testa. A pranzo non sono pochi, ma per la qualità del cibo, per il servizio, molto buono e per la soddisfazione che ci ha lasciato direi che sono assolutamente a fuoco.
Joia mi ha insegnato che vegetariano non fa rima con triste e si possono fare grandi piatti anche senza carne. I menù degustazione mi hanno incuriosito….mi sa che ci tornerò per capire se si può affrontare un percorso degustazione di tante portate, vegetariano, senza annoiarsi!
Ristorante JOIA | Milano | via Panfilo Castaldi 18
VOTO 8.5
Foto: canon G7X