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Al D’O di Davide OLDANI. Prezzi POP…cucina TOP?

Ho avuto la fortuna (ma anche un po’ sfortuna e poi capirete perchè) di essere invitato al nuovo D’O di Davide Oldani a Cornaredo. Ero stato alla vecchia location, storica, forse un po’ dimessa. La nuova, spostata di un centinaio di metri non più sulla strada ma in una piazza pedonale molto più piacevole, è decisamente più di design. Non propriamente POP, trasuda tutta la passione per il design dello chef che si disegna piatti, posate e anche arredi. E qui un’idea geniale e un’altra fine a se stessa. Ma ne parlerò dopo. La sala ora si presenta con un arredo moderno, legni chiari che contrastano con un elegante color antracite di fondo.

C’è anche un interrato dove ci raccontano che Davide e la brigata sperimentano, ospitano, si rilassano. E dove noi prendiamo l’aperitivo.

Il menù è fisso. Siamo ospiti di Citroen che per la presentazione di nuova C3 ci ha portati qui a pranzare. E qui la nota meno intonata: essere a pranzo con persone che non apprezzano questo tipo di cucina ma sopratutto che non rispettano un po’ infastidisce. Alle spiegazioni dei piatti nessuno è attento e dopo l’assaggio non ci si scambiano pareri e sensazioni. Brutto. Ma pazienza, sono molto curioso! E veniamo all’apparecchiatura. Minimal la posata disegnata da Davide stesso che include in un unico pezzo le 3 funzioni: cucchiaio, forchetta e coltello. Direi funzionale! Belli anche i piatti, sempre ideati dallo chef. Assurda la sedia con un solo bracciolo. Teoricamente dovrebbe agevolare l’accesso (ci si può sedere senza spostarla) in pratica per chi si trova seduto alla fine del tavolo, con il “vuoto” verso la parete, inaccessibile comunque. In più l’ho trovata “stranamente” scomoda. GENIALE invece la mensola posta sotto al piano del tavolo. Indispensabile a noi maschietti che non abbiamo la borsa per riporre telefono, occhiali e chi più ne ha più ne metta.

Il benvenuto dello Chef mi sembra più un esercizio di stile che altro (e non sarà l’unico). LS piatto da leccare il titolo. Si tratta di gocce di salse alle erbe, avocado, Olio farinoso e due pezzettini croccanti di fave di cacao.

Prendo il piatto dalle predisposizioni, lecco e…bo? Sinceramente sono per le porzioni minimal e non mi sono mai lamentato o alzato affamato da un percorso gourmet, ma qui la porzione l’ho trovata davvero piccola. Piccola per poter capire…e non c’è la seconda possibilità! A meno di continuare a sleccazzare il piatto. Simpatico si ma. Bo? Forse un po’ troppo fine a se stesso.

Antipasto a base di asparagi. Io li adoro e quando arriva il piatto subito mi salta al naso il profumo di uovo…ma l’uovo non lo vedo! Infatti nel piatto c’è un asparago rosa della Brianza (bella la ricerca di materie prime locali), un sorbetto di asparago bianco e gazpacho sempre di asparago. Il profumo d’uovo è dato da un sale solforoso che, ovviamente, insapidisce ma non sa di uovo. Molto buono anche perchè su un sapore comune di asparago si assaggiano tre diverse consistenze.

Il primo è di sostanza. Ed è anche un cavallo di battaglia di Davide che con il riso è sempre andato d’accordo. Non per nulla un suo riso è stato un piatto di Expo. E qui Pane, Pepe Nero, Marsala e Riso trovano un’amalgama perfetta! Equilibrato, sapido, riso al dente. Insomma qui si che avrei leccato il piatto!!! Eccezionale.

Poi però arriva un altro piatto che sa un po’ troppo di autocelebrazione. E in effetti lo è. E’ il piatto inventato per l’inaugurazione del nuovo ristorante. Si chiama Battuta D’Inizio. E gioca sul doppio senso tennistico. Infatti il piatto riproduce un campo, la palla è ripiena di una mousse di zola erborinato ricoperta da burro di cacao allo zafferano. E per riprodurre l’erbetta? Ecco germogli di teff (il cereale più piccolo al mondo) che ritroviamo anche tostato a dare croccantezza al piatto. All’interno della palla una chutney di mele e pere. 

Il risultato estetico è fantastico. Ma è come quando un architetto ti disegna una cosa bellissima che poi si rivela scomoda da usare. Non mi ha convinto, troppo delicata la mousse, troppo “erbosi” i germogli. Bo? Bello!

Invece è un successo il salmone selvaggio, acetosella e Porto. Salmone cotto a 40° per 1 ora, stupendo. Riduzione al Porto, stupenda. Bietola sopra? Ci stava! Insomma un piatto bello, ben fatto, e sopratutto molto molto buono. Devo dire che ha messo d’accordo tutti al tavolo. E poi mi è piaciuta la presentazione.

Essendo un pranzo di lavoro le portate sono giustamente limitate e non si è trattato di un vero e proprio percorso degustazione. Siamo arrivati infatti al dessert: l’alveare di Zephir. Cioccolato bianco (fantastica la trama, mi ha ricordato una lamiera forata), mousse di cioccolato e mele e un sorbetto alla fragola più un crumble a base di polline e miele. La dolcezza del cioccolato bianco viene equilibrata dalla fragola ed è divertente il crumble. Insomma buono!

Assieme al caffè arriva una sfera di cioccolato che viene frantumata con un pestacarne davanti ai nostri occhi. Sinceramente è una cosa già vista in altri ristoranti ma all’interno troviamo una polvere. Assaggio e subito alla mente il frutto della passione! E si, è proprio polvere di passion fruit che con caffè e cioccolato è proprio…si si lo dico, la morte sua!

Fortunatamente a questo giro non ho pagato, ma il conto sarebbe comunque stato abbastanza contenuto rispetto la qualità del cibo, i tempi di preparazione e la location. Servizio ingiudicabile visti i commensali (comunque il cameriere se l’è cavata egregiamente). Uscendo ho dato un’occhiata al menù (che era praticamente impossibile fotografare) e i prezzi per mangiare alla carta sono davvero POP. Ci ero già stato e non mi avevano convinto i dolci, ci sono tornato e non mi hanno convinto altre portate, insomma devo tornarci una terza volta per capirlo fino in fondo. Nel complesso comunque bene, a tratti benissimo!

P.S. chi mi segue sa che, aimè, non bevo vino. Però ci hanno portati a fare un giro in cantina, dove c’è anche un tavolo per mangiare in maniera più riservata. Io vi posto le foto. A voi i giudizi!!