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Risoelatte…un tuffo negli anni ’60!

Più che per me, che quegli anni non li ho vissuti (si, ok, ho i capelli che tendono ormai al bianco ma non sono così anziano), andare a pranzo al risoelatte è stato un tuffo nel passato per la nonna di Chiara. Una arzillissima e simpaticissima signora di oltre 90 anni che ci ha inondato di fantastici ricordi, stimolati dal contesto. Ma procediamo con ordine.

La vetrina è una sola e non sembra quella di un ristorante. Il menù è quasi nascosto, esce da una mitologica macchina da scrivere Olivetti elettromeccanica. Passeggiando distrattamente mai ti fermeresti pensando a un ristorante. Dentro la ricerca di materiale originale è stata maniacale. Dalle stoviglie con manico colorato in plastica (quanti ricordi….da bambino le usavo anche io!) agli arredi e soprammobili originali dell’epoca. Mancano solo le tovaglie. Negli anni 60 non andavano di moda le tovagliette….

Ma stiamo pur sempre parlando di un ristorante e allora diamo un occhio al menù, rigorosamente inserito in una di quelle copertine di plastica a colori. Una delle pochissime cose che ancora resistono dagli anni sessanta (e l’ho scoperto quest’anno che mio figlio ha iniziato le elementari).

Menù corretto nel numero dei piatti offerti e di stampo locale, con divagazioni qua e la. Sono 2 i risotti e 2 i riselatte proposti ma. Simpaticissime le sorelle che servono ai tavoli, perfettamente immedesimate nella parte….anche se i tatuaggi tradiscono l’epoca.

Ordiniamo due risoelatte con “selvaggia” e nocciole e i caserecci “11 grani antichi” con asparagi, salsiccia e pecorino. E non ci sono problemi a chiedere per Gabriele un piatto di pasta (trofie) al pesto anche se non presenti in menù. Nel frattempo ci portano il pane e subito noto trattasi di michette. La classica forma milanese. E’ tanto che non le vedo più e che non le mangio, mi ci fiondo. Purtroppo sono piene e non vuote. Il proprietario ci spiegherà poi che è praticamente impossibile trovare un panificio che le panifichi ancora. Troppo complicate e troppo leggere per guadagnarci (che peccato!).

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Dopo un’attesa corretta arrivano i primi. Risotto davvero buono ben mantecato e dalla consistenza perfetta. Mi sono tornati alla mente i risoelatte che mi facevano le zie quando ero piccolo. E ho avuto un’irrefrenabile voglia di ordinarne un altro classico, burro e grana. Ma ho voluto ripiegare sulla cotoletta…..

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Anche i caserecci erano molto buoni, sapori decisi ma equilibrio con il sale in cottura. Perfettamente al dente e, fondamentalmente buoni. Così come buone le trofie al pesto “improvvisate”. (ebbene si, ho assaggiato dal piatto di tutti).

Eh si, proprio una cotoletta è stato il mio secondo. Tra l’altro primi abbondanti che hanno fatto desistere gli altri commensali dall’ordinare altro. La cotoletta arriva ed è la vera cotoletta alla milanese e non l’orecchia d’elefante (che è quella battuta con il pestacarne per farla diventare enorme e sottile). Ovviamente con l’osso, come dev’essere, e cotta in 500gb di burro. Accompagnata da verdurine fresche e patate saltate. Bè, sicuramente non un piatto leggero, ma della tradizione milanese ed eseguito bene.

Nel frattempo, per lasciare tempo al mio corpo di poter digerire qualcosina e lasciare spazio al dolce (siamo dei golosi), faccio un giro nel locale. Su più livelli, formato da piccole “salette” intime, raccolte e tutte in tema. Ambiente non elegante ma ben ricostruito. Ma ecco la cosa che mi ha più colpito: un telefono, funzionante, a disco! me lo ricordo ancora, mi divertivo un sacco, con il dito, a girare la rotella per comporre i numeri!!!

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Ma viene il momento dei dolci. C’è una lista a parte dove i risoelatte la fanno, giustamente, da padroni. Ma l’ho preso prima e voglio confrontarmi con un grande classico, di cui sono ghiottissimo. Il tiramisù! Chiara ordina un risoelatte con miele, semi di girasole, lino e zucca mentre per la nonna di Chiara un risolatte cuor di gelato e nocciole. Tutti i dolci si sono rivelati ben eseguiti e sostanzialmente buoni.

Il tiramisù era cremoso al punto giusto, classico, equilibrato nella quantità di caffè e, fortunatamente, non fatto con la panna. Anche i risoelatte erano molto buoni in versione dolce. Insomma tutti soddisfatti.

Io non amo particolarmente il caffè della moka. Anzi, lo odio proprio. Non a caso a casa abbiamo una macchina Saeco che macina, comprime e eroga il caffè espresso con miscele da me scelte. Ma qui, nel contesto, ci stà. E non mi sono lamentato.

Il conto è stato sui 30 euro a testa. Contate che non abbiamo preso vino ma una bottiglietta di birra. Insomma non pochissimo (due commensali hanno preso solo 2 portate), ma adeguato alla buona qualità del cibo, al buon servizio e all’ambiente sicuramente originale. Un ristorante che consiglierei!

Sito WEB http://www.risoelatte.com